In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, la parola di agricoltori, allevatori, pescatori e altri attori del settore locale

(rsi.ch/food 22 marzo 2023)

Oggi, mercoledì 22 marzo, è la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per sensibilizzare la comunità globale sulla tematica dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutta la popolazione. Dal 2015 la Giornata funge anche da promemoria per la realizzazione dell’Obbiettivo 6 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ovvero “Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e sevizi igienici per tutti”, che include come sotto-obbiettivi anche quello della protezione di ecosistemi legati all’acqua e la riduzione dell’inquinamento idrico.
Quest’anno l’attenzione è posta in particolar modo alla lotta contro la crisi idrica globale, dal momento che il diritto all’accesso all’acqua sicura e pulita non è ancora scontato per miliardi di persone. Questa crisi è appesantita dal cambiamento climatico, che scatena fenomeni come siccità e inondazioni, che a loro volta aggravano ancora di più le condizioni di alcuni paesi, già sottopressione.

Abbiamo deciso di affrontare questa Giornata a partire proprio dalla siccità che negli ultimi anni ci sta colpendo da vicino e lo faremo raccogliendo le testimonianze di agricoltori, allevatori e altre persone del settore agro-alimentare ticinese, per cui la mancanza d’acqua rappresenta un problema, nel loro lavoro e quotidianità.
Questa siccità non è solo dovuta alla mancanza di precipitazioni, ma anche all’innalzamento delle temperature, che causa l’evaporazione di acqua dal suolo e dalle piante. È molto estesa geograficamente – la maggior parte dell’Europa ne è toccata – e riduce le acque nei laghi, nelle falde sotterranee e nei corsi d’acqua (il Reno, il Danubio e il Po sono stati particolarmente colpiti). La scorsa estate è stata estremamente secca e calda, ed ha causato danni all’agricoltura e diminuzioni nei raccolti. Anche quest’anno la situazione non sembra migliorare: come dice Massimiliano Zappa, idrologo presso l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), in un’intervista per RSI News, le precipitazioni e le nevicate da gennaio in Ticino sono state scarse, cosa che può portare ad un esaurimento delle scorte, a meno che non arrivi il doppio delle precipitazioni entro la metà del prossimo mese. Con queste considerazioni, le prospettive per il futuro preoccupano, soprattutto quelle legate all’agricoltura.
Per capire meglio cosa sta succedendo concretamente nel nostro territorio e per conoscere più da vicino le conseguenze della siccità, parliamo con diversi attori del mondo agroalimentare che stanno affrontando il problema.

Iniziando dall’agricoltura, decidiamo di contattare Seminterra, una cooperativa agricola biologica sul Piano di Magadino. La sua superficie è di piccole dimensioni (un ettaro e mezzo), quindi non è per forza rappresentativa dell’agricoltura tradizionale svizzera italiana. Tuttavia, sentire le loro considerazioni può aiutare a capire le difficoltà che stanno affrontando gli agricoltori in questo momento.
Gudo: associazione Seminterra. Nella foto, Eric Vimercati ritratto tra uno dei campi coltivati.
Gudo: associazione Seminterra. Nella foto, Eric Vimercati ritratto tra uno dei campi coltivati. (© Ti-Press / Samuel Golay)
«Il grosso del problema è che si passa più tempo a bagnare» racconta Eric Vimercati, uno dei membri fondatori di Seminterra «e con queste condizioni climatiche si parte in difficoltà già ad inizio stagione. Bisogna quindi compensare la carenza di precipitazioni con l’irrigazione, stando attenti a farlo ogni volta che si semina o trapianta, altrimenti si rischia di compromettere l’attecchimento e lo sviluppo degli ortaggi. Inoltre, gli effetti benefici che hanno portato i pochi giorni di pioggia in queste ultime settimane sono stati limitati dalle giornate di vento che sono arrivate subito dopo. Il vento è dannoso perché fa seccare la superficie della terra e la rende più vulnerabile all’erosione se non è coperta da vegetazione o pacciamatura in modo adeguato».

Un altro aspetto preoccupante, oltre alla siccità, è lo sfasamento delle stagioni, come fa notare Eric, che racconta di come questo inverno abbiano potuto coltivare spinaci e formentino in quantità, nonostante siano coltivazioni da temperature miti. «I periodi secchi si prolungano e non permettono al terreno di assorbire in maniera ottimale l’acqua, che arriva sempre di più attraverso grosse precipitazioni in lassi di tempo brevi, o addirittura con le grandinate che possono distruggere intere coltivazioni».

A proposito di colture che hanno sofferto la mancanza di acqua, Eric cita le piante di bacche (come vari frutti di bosco), che erano appena state trapiantate e in cui si è notato un impatto sia sul loro sviluppo, sia nella produzione delle bacche in sé. Gli arbusti che invece avevano già delle radici più profonde non hanno avuto gli stessi problemi. Per quanto riguarda gli ortaggi, invece, Eric specifica per esempio che i ravanelli necessitano di molta acqua, motivo per cui, l’anno scorso, i ragazzi e le ragazze di Seminterra hanno preferito rinunciare alla coltura di questa verdura per indirizzare le loro risorse altrove.

«Esistono alcune soluzioni che si possono applicare su piccola scala, anche se ormai il problema è sistemico e globale. Nel nostro piccolo appezzamento, stiamo cercando di aumentare la copertura del suolo e l’ombreggiamento per favorire la ritenzione idrica ed aumentare l’umidità in generale.» A Seminterra, infatti, si stanno mettendo a dimora diverse piante da frutta ad alto fusto e arbusti di specie indigene, come sambuco, biancospino e corniolo, per creare delle siepi naturali. Oltre a favorire la biodiversità attirando insetti e uccelli che possono essere antagonisti dei parassiti, mantengono l’umidità creando più ombra e fungono da protezione contro il vento.
È anche vero che il vantaggio di piccole produzioni come quelle di Seminterra è di avere piccoli appezzamenti, con produzioni diversificate e scaglionate nel tempo; dunque, i danni che la siccità può portar loro sono minori rispetto ad altri tipi di produzioni più intensive e su grande scala, con calendari di semina e raccolto meno flessibili e per questo più vulnerabili a sbalzi climatici. Gli accorgimenti che stanno prendendo, come fa notare Eric, favoriscono la resilienza nel sistema agricolo, per cui il campo si autoregola favorendo un migliore equilibrio nella catena alimentare e il suolo riacquisisce la capacità di resistere a condizioni ambientali estreme come appunto quelle della siccità, dei cambiamenti climatici, delle malattie e di altri stress ambientali.

Per avere uno sguardo anche sugli allevamenti animali, ci siamo consultati con Roberto Aerni, dell’Azienda agricola f.lli Aerni a Gordola, che si estende su circa 150 ettari, comprendendo anche la coltivazione di mais da granella e da silo, frumento panificabile e soia, oltre all’allevamento di mucche, vitelli, manze e buoi da carne.

La testimonianza di Roberto si sofferma piuttosto sui temporali e le grandinate – violenti come mai aveva visto in 60 anni -, che lo scorso anno gli hanno distrutto anche la totalità di alcuni raccolti, come quelli di mais e di frumento. Per quest’estate non ha adottato particolari misure per risparmiare acqua, ma spera in precipitazioni leggere ogni 15 giorni, come quelle che abbiamo avuto la scorsa settimana. Roberto sottolinea tuttavia che la situazione sul Piano di Magadino è diversa rispetto a quella del Mendrisiotto, regione che sta molto di più soffrendo la mancanza di acqua.

Chiediamo a Meret Bissegger, da tempo occupata nella raccolta di erbe selvatiche, se e come la siccità abbia colpito la crescita di queste piante, perché, anche se l’impatto può essere meno evidente rispetto a quello sull’agricoltura, anche loro sono piante che necessitano di acqua e che quindi soffrono il clima secco.
Innanzitutto, come sottolinea Meret, è importante sapere che una parte delle erbe spontanee commestibili sono le cosiddette “erbacce”, che colonizzano la terra nel momento in cui viene disturbata (facendo l’orto, arando i campi, etc.). Altre crescono in ambienti molto diversi tra loro, come bordi dei sentieri, nei prati, nei boschi o nell’acqua.
A dipendenza del loro habitat, le varietà avranno quindi bisogno di più o meno acqua.
È evidente, però, che questo è il secondo anno consecutivo in cui Meret trova meno erbe spontanee e quelle che trova sono spesso «dure come sassi». Infatti, non solo ne è diminuita la quantità, ma anche la loro consistenza è cambiata. Questo perché meno acqua ricevono, più diventano fibrose, dure e amare. Una pianta sviluppa il gusto dell’amaro quando deve evitare di essere mangiata da altri organismi: nel caso di siccità le piante sono stressate e producono più composti amari, prodotti con l’obbiettivo di proteggersi dagli insetti e dalle malattie. Sono quindi meno accoglienti e meno piacevoli al palato, anche se Meret fa notare che in questo modo sono ancora più concentrate di nutrienti di quanto lo siano di solito; l’amaro, infatti, è amico della salute.

Varietà di piante a rischio d’estinzione per la siccità, a quanto pare, non sembrano essercene: «Per quanto riguarda le piante che raccoglie di solito, non ce ne sono a rischio d’estinzione. Se alcune varietà non crescono più, spesso non è dovuto direttamente alla mancanza di pioggia ma soprattutto a causa delle azioni umane, come il sovra utilizzo di concimi, il taglio dell’erba più frequente o con macchinari più invasivi, che causano la scomparsa di alcuni habitat delle piante».
Meret aggiunge che per quanto riguarda il mondo delle erbe spontanee, il grado di aridità del terreno cambia a seconda della zona in cui ci si trova: in pianura dove la notte si forma la rugiada, la situazione è meno precaria rispetto alle zone di collina, dove sole e vento aggravano lo stress idrico.
Soveltra: escursione e corso di cucina con le erbe selvatiche commestibili di Meret Bissegger. Nella foto, un momento della raccolta delle erbe selvatiche.

Meret con le piante selvatiche organizza corsi di cucina atti ad avvicinarsi al mondo delle erbe spontanee e, specifica, «quando il raccolto non è sufficiente utilizzo anche insalate e verdure coltivate in aggiunta alle erbe spontanee. Tuttavia, sono fiduciosa: la natura si evolve e si riadatta; le erbe selvatiche commestibili non scompariranno, anzi, ne arriveranno di nuove. Molte delle piante invasive, di cui il Ticino è ricco, sono commestibili. Magari ce ne saranno di diverse, più resistenti e più adatte alle nuove temperature e condizioni climatiche. Di certo sarà più difficile trovarne: ogni anno bisognerà riscoprire quei luoghi di raccolta in cui crescono grazie al livello di umidità adeguato».
Aumento della temperatura e diminuzione del volume dell’acqua: le sfide della pesca
I problemi si estendono evidentemente anche alla pesca, che in Ticino sta conoscendo un momento difficile. Urs Lüchinger, presidente della Federazione ticinese per l’acquicoltura e la pesca (FTAP), in un’intervista rilasciata alla RSI, si mostra preoccupato riguardo al futuro della pesca: la mancanza di precipitazioni abbassa il livello dei corsi d’acqua e l’aumento delle temperature scalda l’acqua, compromettendo la sopravvivenza dei pesci. I riali di montagna rischiano di prosciugarsi, ma il problema esiste anche a bassa quota: non essendoci abbastanza volume d’acqua nei tratti finali dei fiumi principali, l’acqua si scalda e mette in pericolo i pesci, come ad esempio la trota, meno resistente e quindi potenzialmente sostituita da altri pesci. Se la scorsa estate aveva preoccupato i pescatori, quest’anno i timori sono rinnovati: non essendoci sufficiente neve, c’è il rischio di non avere abbastanza riserve per recuperare il deficit idrico del 2022, a meno di grosse precipitazioni primaverili. I pescatori continuano ad avere soddisfazioni nel Ceresio e in altri laghetti alpini, ma è chiaro che le prospettive non sono rassicuranti.

Il Mendrisiotto e prospettive per il futuro
Come accennava Roberto Aerni, allevatore, se in Svizzera la regione più toccata dalla siccità è il Ticino, in Ticino quella con gli effetti più evidenti è la zona meridionale. Ci sono diversi motivi dietro a questa differenza, ma le ragioni principali sono morfologiche e si conducono al fatto che ci sono sia meno montagne, che trattengono le piogge, sia la presenza di piccoli bacini calcarei, quindi con meno capacità di accumulare l’acqua. A questo si aggiunge una superficie limitata, che porta ad un’alta densità della popolazione e un elevato bisogno idrico da parte di industrie e agricoltura. La siccità aveva già colpito duramente il Mendrisiotto lo scorso anno e sembra che la situazione non stia migliorando. Andrea Zanini, presidente dell’Associazione Orticoltori Ticinesi (OrTI) e agricoltore di Novazzano, intervistato per la trasmissione di Rete Uno SEIDISERA, ha accennato la sua decisione di voler piantare un vigneto, più efficiente a livello di irrigazione rispetto alla coltivazione di mais.

La Camera Agraria ticinese si è riunita sabato 18 marzo per discutere anche del tema siccità, delle misure prese dalle istituzioni e dai singoli contadini, e delle prospettive per il futuro. Roberto Mozzini, vicepresidente di Unione Contadini Ticinesi (UCT), afferma che anche se il cantone sta già aiutando l’agricoltura attraverso il prelevamento di acqua dal lago o dai pozzi di captazione, la situazione rimane incerta e difficile: i costi per il trasporto dell’acqua sono elevati e la quantità di acqua prelevata dai pozzi è limitata. Secondo lui, “non riusciremo mai a sostituire con un’irrigazione artificiale le precipitazioni che siamo abituati ad avere” e il rischio è quello dell’abbandono degli alpeggi, in cui il trasporto dell’acqua sta diventando insostenibile, mentre per quanto riguarda il piano, si assisterà all’abbandono di alcune colture poco efficienti a livello di irrigazione, che diventano con il tempo meno redditizie.

Il cambiamento climatico ci pone quindi di fronte a un’evoluzione del settore agroalimentare, che dovrà adattarsi alle nuove sfide. È chiaro che se la siccità persisterà, nel nostro territorio alcune colture cambieranno, altre compariranno, alcuni pesci scompariranno dai corsi d’acqua e, chi lo sa, è probabile che l’allevamento di bovini si ridimensionerà, dal momento che è molto dispendioso in termini di acqua.

Il tema della Giornata mondiale dell’acqua di quest’anno è Be the change, ovvero «Sii il cambiamento»: prendiamola come occasione per ribadire, ancora una volta, che sta anche a noi gestire in modo consapevole questa risorsa preziosa e fondamentale.