Articolo di Francesco Pellegrinelli pubblicato su Green, inserto del Corriere del Ticino dedicato al Greenday (sabato 11 settembre 2021)

SOSTENIBILITÀ / Alla scoperta della cooperativa agricola di Gudo, l’unica esperienza ticinese di agricoltura supportata dalla comunità: i soci partecipano alla produzione, condividendo raccolto e rischi

Quando incontriamo nella campagna di Gudo Eric Vimercati, incuriositi dalla varietà di specie coltivate, gli chiediamo di raccontarci come vengono gestiti gli orti, lui, però, dribla la domanda e ci invita a guardare ciò che un minuto prima non avevamo visto. Una siepe. «Non una siepe monotona da giardino – di lauroceraso o di tuia – ma una siepe composta di diverse specie indigene che troviamo nei nostri boschi o in altri ambienti naturali». Ecco allora spuntare il sambuco, il crespino, il viburno, il corniolo, l’olivello spinoso e la rosa canina. «La primavera scorsa, grazie al sostegno di BirdLife Svizzera e Ficedula, sul perimetro del campo abbiamo piantato 450 arbusti di 15 specie diverse. Sarà una siepe viva, con fioriture e bacche che serviranno per attirare numerosi insetti e uccelli». Una misura di conservazione a favore della biodiversità ma anche per gli ortaggi». Quando dice «ortaggi», Eric – che di formazione è ingegnere ambientale – raccoglie da terra una carota ricurva e un po’ bitorzoluta «di quelle che non trovi al supermercato».

La nostra passeggiata nella cooperativa agricola Seminterra inizia così: un po’ come se di fronte a un quadro ci chiedessero di guardare la cornice. Ma anche le siepi fanno parte del quadro. Anzi, questa è la filosofia della cooperativa: «Le siepi completano
un ecosistema che si arricchisce vicendevolmente di ogni suo singolo elemento. Seminterra non è solamente una superficie
dove produrre ma dove permettere alla vita di svilupparsi nelle sue forme più svariate». La biodiversità, dunque, come valore in sé, ma non solo: «Più si diversifica un terreno, più diventa resiliente nei confronti di malattie, parassiti ed eventi estremi. Certamente non è immediato, ma è lì che vogliamo andare. La presenza di uccelli predatori di afidi e altri insetti parassiti, per esempio, ci aiuta a controllare la nostra produzione in maniera del tutto naturale». Nella stessa direzione si muovono altre misure come i mucchi di sassi e rami che incontriamo nella nostra passeggiata perimetrale.

Sull’intero campo di Seminterra – che conta circa un ettaro e mezzo e che sorge accanto alla decennale avventura dell’associazione Lortobio – ne contiamo una quindicina. «Una sorta di rete ecologica dislocata su più punti: un habitat naturale per ospitare orbettini, ramarri, e altri piccoli animali». Dalla periferia al centro. Cavolo a foglia Red bor, cavolo a foglia Raimbas, cavolo Fildcrakra, cavolo bianco Dotterfeld. E così via. Ognuno con il suo cartellino scritto a mano con l’indelebile nero. In una delle numerose aiuole del campo incontriamo Matilde e Federico. «Quest’anno è la prima volta che veniamo qui a Gudo». Con la piccola Emilia, stanno raccogliendo il sedano da taglio, una pianta aromatica simile al prezzemolo. Con il coltellino recidono il sedano alla base, puliscono gli steli appassiti e lo ripongono nella cassetta. Sono soci della cooperativa e hanno sottoscritto un abbonamento bisettimanale. «Significa che ogni due settimane riceviamo una cassetta con il raccolto e per regolamento siamo tenuti a svolgere almeno quattro giornate all’anno di lavori sul campo». Un contributo che Matilde e Federico svolgono con il sorriso sulle labbra.

In Ticino Seminterra è un unicuum. La chiamano agricoltura partecipativa. I prodotti coltivati collettivamente vengono consumati e distribuiti tramite un sistema di filiera corta che avvicina produttori e consumatori. Nel resto della Svizzera e in Europa questa forma di agricoltura supportata dalla comunità esiste da tempo. L’esperimento nella campagna di Gudo è iniziato due anni fa e oggi le cose filano lisce. «Abbiamo 160 soci, di cui la metà ha sottoscritto un abbonamento», spiega Lidia Selldorf che con Eric e un’altra decina di persone ha dato vita al progetto. Anche lei è ingegnere ambientale. «Con il raccolto, però, si condividono pure i rischi. Se dovesse arrivare la grandine in estate e distruggere la produzione, ognuno sa che per alcune settimane nella propria cassetta troverà poco o nulla». Una forma di condivisione del rischio e di solidarietà con il produttore che fa parte del progetto. Si divide il raccolto in parti uguali, si dividono i rischi. Piccola sfumatura, precisa Lidia: «Non si compra la verdura, ma una parte del raccolto, perché con l’abbonamento si diventa co-proprietari dell’orto». Un progetto che Lidia non esita a definire politico: «Con l’abbonamento ognuno di noi diventa responsabile del proprio consumo, riduce lo spreco e sostiene un certo tipo di agricoltura, locale, biologica e stagionale, portando nel contempo la propria socialità nell’orto».